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Lulù è una meticcia spinona che mi è stata portata  perchè da ben due anni non poggiava più l’arto posteriore dx. Alla visita, come si vede anche nella   radiografia riportata, presentava forte atrofia delle masse muscolari dell’arto interessato e mobilità ridotta a livello dell’articolazione coxo-femorale. L’anamnesi riferiva un prolungato utilizzo di anti-infiammatori, e le lesioni che si presentano a livello acetabolare dx confermano perfettamente la questione. L’azione antidolorifica dei farmaci ha permesso un utilizzo smodato dell’articolazione da parte della paziente cosicchè il collo del femore ormai è “collassato”, la testa del femore dx è irreversibilmente modificata… insomma con un quadro radiologico del genere si può immaginare una ripresa della normale andatura solo ricorrendo alla chirurgia, e cioè alla protesi d’anca. Invece i risultati sono stati sorprendenti già dopo solo 10 giorni di terapia omeopatica…

Lulù ha ripreso le sue corse utilizzando entrambi i posteriori, ha ripreso il tono muscolare sul lato dx e vive la sua vita felicemente, come si può vedere nel video girato dal proprietario.

Attualmente Lulù viene controllata 2 volte l’anno e continua a correre e giocare!

Suggerisco a tutti i proprietari di cani con problemi ortopedici di valutare seriamente delle consulenze tecniche in medicine complementari integrate (omeopatia, agopuntura, ecc.) prima di ricorrere alla chirurgia, per ogni informazione contattate pure Alda Grossi, medico veterinario esperto in omeopatia ed agopuntura a Latina o Roma.

 



Caro lettore,

riporto un pezzo riferito all’articolo pubblicato su

http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=11629, in cui si accenna alle possibilità che offre l’utilizzo dell’omeopatia in ambito veterinario, facendo riflettere sia sull’economicità delle terapie, che sull’assenza di effetti tossici, che sull’inesistenza dell’effetto placebo nei nostri animali….

“Un cane non guarisce perché si è convinto che può guarire”

I risultati ottenuti in veterinaria “rendono molto deboli le tesi di quanti sostengono che l’omeopatia agisca esclusivamente per effetto placebo. E’ difficile sostenere che la mastite di una mucca da latte o la dermatite di un cane, come pure una displasia dell’anca, guariscano perché l’animale si è convinto che può guarire”. A livello europeo, perché un allevamento possa definirsi “biologico” deve essere trattato con medicine naturali (omeopatia, ma anche fitoterapia o agopuntura). Molti allevatori hanno così scoperto come l’omeopatia, oltre che guarire rapidamente e bene i loro animali, faccia spendere meno e renda più remunerativo l’investimento in salute. La Fiamo ha un proprio dipartimento che si occupa specificatamente di medicina omeopatica in veterinaria. Fra le scuole aderenti alla federazione, ve ne sono numerose riservate a questa categoria.

 

Patologie di confine – L’omeopatia non guarisce dal cancro

Con il termine “Patologie di confine”, vengono definite le tante malattie che, pur ben diagnosticate e definite con accuratezza, non hanno una terapia che sia in grado di guarirle quando non almeno di arrestarle. Sono le patologie autoimmunitarie, le malattie croniche degenerative, le patologie con diagnosi incerte e gli stadi conseguenti alle terapie antineoplastiche. In tutti questi casi la terapia ha solo un intento palliativo: pur mantenendo una condizione di stand by della patologia non riesce a farla regredire o mantiene il risultato, ma a prezzo di importanti effetti collaterali. Numerosi pazienti con patologie di questo tipo si rivolgono all’omeopatia, “perché sperano di essere curati oppure perché hanno avuto modo di assistere a guarigioni di compagni di malattia che si erano rivolti ad un omeopata”. Ogni omeopata “ha chiaro che i risultati in questo tipo di patologie sono molto legati alla gravità del caso specifico e all’associazione della singola patologia con altri quadri patologici”. In genere “non alimenta illusioni e non sottrae i pazienti alle cure in atto, se non dopo aver constatato un progressivo miglioramento del quadro clinico e strumentale”. L’omeopatia non guarisce il cancro, ma sicuramente si prende spesso cura dei pazienti con malattie tumorali e ne migliora la sintomatologia, anche quella conseguente alle chemioterapie e alle radioterapie.

http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=11629



LIONE Il futuro dell’ oncologia e dell’ omeopatia sta in una sola parola, “complementarietà”. Ad essa guardano con la consapevolezza dei limiti da superare gli oncologi, i medici di medicina generale, i farmacisti, i sociologi e gli omeopati di diverse nazionalità intervenuti alla conferenzadibattito dal titolo “Oncologia, cure di sostegno e omeopatia” che Boiron ha organizzato di recente alla Facoltà di medicina e maieutica Charles Mérieux. In Europa oltre un terzo dei pazienti colpiti da un cancro utilizza le medicine complementari, in Francia quasi il 60%. L’ omeopatia integra le cure tradizionali nel 37% dei casi di tumore al seno. L’ omeopatia guarisce il tumore? «Certamente no, lo sappiamo, ma fornisce un contributo: riduce la fatica, allevia gli effetti collaterali della chemio, aiuta i pazienti a non essere costretti ad interrompere le terapie a causa del vomito, delle mucositi e di tanti altri disturbi che fanno star peggio del tumore stesso», afferma Jean-Claude Karp, medico generalista consulente omeopata nel Servizio di oncologia e radioterapia dell’ ospedale di Troyes. Gli fa eco Jean-Philippe Wagner, oncologo medico al Robertsau di Strasburgo: «Noi oncologi guardiamo il tumore, l’ omeopata guarda il paziente, questa sorta di delega spaventa gli oncologi, in realtà si aiuta il malato a vivere meglio». Uno studio condotto dal 2005 al 2008 dalla sociologa Anne-Cécile Bégot ha rivelato come l’ angoscia, le carenze delle medicine tradizionali, gli effetti collaterali e la mancanza di ascolto siano i motivi per cui i malati scelgono di integrare la terapia con le cure omeopatiche. Nella maggior parte dei casi tutti i trattamenti vengono somministrati in ospedale, non tutti i pazienti però hanno accesso alle cure di sostegno – dicono i medici – inoltre il malato oncologico trascorre il 90% del suo tempo a casa. Occorre quindi sensibilizzare la filiera tradizionale medica: l’ oncologo, il medico di famiglia, il farmacista, sviluppando un rete ospedaleterritorio di cui faccia parte integrante l’ omeopata. «I farmacisti vedono tutti i giorni i clienti-pazienti con patologie croniche, molti di essi ci chiedono “come mai il mio medico non mi ha parlato di questa opportunità di cura per aiutarmi”? – racconta Francois Roux, farmacista a Toulouse – quello di consulenti per le cure di sostegno è un modo per collaborare nella filiera». Da qui sembra lontano il tempo in cui l’ omeopatia si contrapponeva alla medicina con un approccio settario da entrambi i lati, ma resta un ultimo passo, tutt’ altro che secondario, perché entri in ospedale in piena legittimità: la prova di efficacia. Qui le strade si differenziano per questioni di metodo: «Arriveranno i dati – affermano i ricercatori Boiron – con nuove metodologie che indagano per fasci di prova (somma di sperimentazioni mirate, ndr) anziché su studi randomizzati in doppio cieco, non adatti all’ omeopatia». Resta da vedere se la comunità scientifica nel suo complesso sarà disposta ad accettare tale modalità come “prove”.

tratto da Repubblica del 07 febbraio 2012 —   pagina 32   sezione: SALUTE di  MARIAPAOLA SALMI

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/07/tumori-effetti-collaterali-da-chemio-omeopatia.html



Anche se non tratta di omeopatia veterinaria, ci tengo a divulgare questo articolo pubblicato dal quotidiano “La Stampa” sul proprio sito web

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/blog/grubrica.asp?ID_blog=281&ID_articolo=41&ID_sezione=646

nel quale si parla dei vantaggi socio sanitari apportati in campo umano dalle cure omeopatiche. Sulla base di quanto ho potuto, e continuo a sperimentare, nella mia clinica quotidiana, affermo che le terapie omeopatiche costituiscono un valido mezzo di prevenzione, di miglioramento delle condizioni di vita nei soggetti anziani e cronici, e quindi una garanzia di miglior salute e crescita armoniosa quando utilizzata nel soggetto giovane. Sono poco noti ahimè gli effetti migliorativi (eugenetici) che apporta via via nelle generazioni successive, nonchè il bassissimo costo e la facilità di somministrazione delle cure, ciò potrebbe spiegare la quasi totale o scarsa diffusione nel settore degli animali da reddito… ma qualcosa sta cambiando…

fiduciosamente vi auguro buona lettura!

“Nonostante si cerchi di ostacolarla, l’omeopatia è sempre più diffusa e richiesta da un numero crescente di persone: ciò determina vantaggi da un punto di vista economico e sociosanitario.
Sulla rivista per i pazienti omeopatici IL GRANULO, edito dalla FIAMO Federazione Italiana delle Associazioni e dei Medici Omeopatici, è appena apparso in un articolo del dott Nunzio Chiaramida un riferimento a due interessanti lavori pubblicati recentemente.
Il primo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista European Journal of Health Economy (Eur J Health Econ. 2011 Jun 2) ed è stato condotto dal Dipartimento di Economia dell’Università di Tilburg in Olanda da parte del professor Kooreman e collaboratori. Ha per titolo: Patients whose GP knows complementary medicine tend to have lower costs and live longer. (I pazienti i cui medici di famiglia conoscono le medicine complementari affrontano minori spese e vivono più a lungo).
I dati analizzati riguardano i pazienti di oltre 2000 medici di medicina generale con un numero molto alto di partecipanti. Scopo della ricerca è stato valutare il costo/efficacia delle Medicine Non Convenzionali (MNC) in confronto alla medicina convenzionale. Sono stati analizzati i dati forniti da una compagnia assicurativa sanitaria olandese riferiti agli anni 2006-2009: riguardavano 150.000 assicurati, assistiti da 1913 medici convenzionali e 79 medici con formazione anche in MNC, in particolare agopuntura (25), omeopatia (28) e antroposofia (26). Si sono considerate le spese relative a: cure da medico di medicina generale, assistenza ospedaliera, assistenza farmaceutica e infermieristica. Dall’analisi dei dati è emerso che i pazienti dei medici di medicina generale olandes i che avevano studiato medicine complementari come l’omeopatia producevano costi sanitari inferiori per la collettività e, soprattutto, a questo risparmio si accompagnava un tasso di mortalità più basso: la riduzione era fino al 30% a seconda del gruppo di età e del tipo di conoscenze in MNC del medico. I pazienti dei medici di famiglia con esperienza nelle MNC avevano bisogno di un minor numero di ricoveri ospedalieri e di minor consumo di farmaci: ciò determinava la riduzione dei costi. Poiché il campione era molto ampio e rappresentativo (oltre 2000 medici di medicina generale) le differenze non erano legate a differenze socioeconomiche tra i pazienti. La validità dello studio è rinforzata dall’aver preso in considerazioni i dati ufficiali sui rischi legati alla salute su cui si basano le compagnie assicurative. Gli autori considerano, inoltre, che la maggiore attitudine alla prevenzione e alla promozione della salute oltre che a un minore overtreatment (prescrizione di più farmaci chimici, spesso in modo ingiustificato) da parte dei medici esperti in MNC possa aver contribuito al aggiungimento degli importanti risultati registrati.
Il secondo studio epidemiologico ha per titolo: Paediatric homoeopathy in Germany: results of the German Health Interview and Examination Survey for Children and Adolescents (KiGGS).(Omeopatia pediatrica in Germania: risultati di un’inchiesta sanitaria su bambini e adolescenti) di Du Y, Knopf H. pubblicato sulla rivista internazionale Pharmacoepidemiology and Drug Safety (Pharmacoepidemiol Drug Saf. 2009 May;18(5):370-9). Autore dell’inchiesta il Dipartimento di Epidemiologia dell’autorevole Istituto Robert Koch di Berlino: ha confermato che l’omeopatia è sempre più diffusa tra i pazienti pediatrici in Germania nonostante tutte le campagne contrarie. Infatti, i dati raccolti da ben 17.450 pazienti, di età compresa tra zero e 17 anni, nel triennio 2003- 2006 evidenziano come l’omeopatia sia ampiamente utilizzata in particolare tra le classi socioeconomiche più elevate e nella fascia di età tra zero e 6 anni. La maggior parte delle prescrizioni era determinata da condizioni cliniche acute e autolimitanti ma, in ogni caso, l’utilizzo di rimedi omeopatici era maggiore in bambini in condizioni di salute peggiori. L’uso dei medicinali omeopatici era, inoltre, più frequente nei bambini che erano stati allattati al seno oltre i sei mesi di vita, e le cui madri avevano un titolo di studio più elevato.
L’articolo del GRANULO termina proponendo una riflessione interessante: Cosa spinge i genitori tedeschi delle classi più abbienti a rivolgersi all’omeopatia per i loro piccoli in un’economia ben più salda della nostra in questi tempi di crisi?”

 http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/blog/grubrica.asp?ID_blog=281&ID_articolo=41&ID_sezione=646

Per un consulto specializzato con la Dott.ssa Alda Grossi, medico veterinario omeopata, contattatemi attraverso questa pagina.



La vigilia dello scorso Natale sono stata chiamata dal Sig.S. per un problema all’occhio della sua alpaca: “Dottoressa, gli è entrato un forasacco nell’occhio ed ora esce una pallina, Elvetia ha molto dolore e non riesce a tenere l’occhio aperto.. può venire a dare un’occhiata?”.

Quando sono arrivata, ho trovato il quadro della foto qui a dx: la cornea era tutta opacizzata, le congiuntive decisamente infiammate ed edematose, l’iride era fuoriuscita (pallino nero centrale) per collasso della camera anteriore dell’occhio, e costituiva una vera e propria protuberanza di circa 1 cm di diametro e 0,5cm di spessore, sulla superficie del globo oculare. Purtroppo le mie doti di fotografa non sono delle migliori, ma ad un’attenta visione è possibile notare a destra del “pallino” una formazione rossastra, circondata dalla zona a maggior opacità. L’area rossastra è tale per la neoformazione di vasi sanguigni, indicanti l’inizio del processo cicatriziale.

La terapia omeopatica è stata scelta sulla base dell’eziologia, cioè sulla causa scatenante, in questo caso una spiga d’avena del fieno (un “forasacco”). Questa si è infissa sulla cornea perforaldola, determinando una “lesione da punta” sulla superficie oculare. La terapia, somministrata giornalmente per bocca, non ha contemplato cure antibiotiche (di norma utilizzate per prevenire infezioni secondarie) poichè il quadro clinico non lo richiedeva, ed è stata mirata a favorire la cicatrizzazione per seconda intenzione (a partire dagli strati tissutali più profondi) e a sfiammare quanto possibile per ridurre il disagio da dolore ad Elvetia.

Qui a dx possiamo vedere l’occhio di Elvetia al controllo, dopo 10 giorni di terapia: la congiuntiva è quasi rosea, molto meno edematosa, la cornea si è ritrasparentizzata, ed il “pallino” nero è divenuto rosso: segno che la cicatrizzazione è ancora in atto e che occorre prolungare il tempo di terapia, sostenendo l’organismo nella replicazione e nei processi di specializzazione cellulare, necessari alla ricostituzione dei tessuti specifici dell’occhio.

Infine, qui a sx si vede l’occhio di Elvetia dopo altri 12 giorni di terapia. Praticamente c’è una quasi totale restitutio ad integrum, rimane una piccola area centrale di opacizzazione e vascolarizzazione che verrà risolta con un’ulteriore settimana di terapia.

Considerando che la tempistica media di risoluzione di un’ulcera corneale perforata, trattata con terapie allopatiche, è di almeno 40-50 giorni (se non intervengono infezioni secondarie!), quanto sopra descritto, ottenuto in meno di 30 giorni, con una somministrazione giornaliera di 2 rimedi omeopatici, senza terapia antibiotica, è decisamente un buon risultato!

Ciò dovrebbe far riflettere sul famoso compromesso farmacologico, ben noto a tutte le categorie mediche… nonchè su quanto le terapie chimiche “deprimano” le capacità rigenerative dell’organismo, determinando tempi di risoluzione e cicatrizzazione nettamente più lunghi di quelli che di norma si hanno nei pazienti trattati omeopaticamente. Nella mia esperienza posso affermare che per esempio la tempistica post chirurgica si abbatte di 2/3: oltre ad un maggior generale benessere del paziente operato, la cicatrizzazione e  la conseguente asportazione dei punti si fa a 5 giorni, rispetto ai 12-15 giorni “canonici”.

Riguardo all’utilizzo di molecole antibiotiche, posso dire che sono veramente pochissimi i casi in cui le utilizzo, avvlendomi per lo più di prodotti “terapia sanum”. Nel caso sopra riportato ho evitato l’utilizzo di antibiotici per la semplice ragione di non voler “deprimere” le capacità di ripresa del soggetto. Infatti ogni sistema vivente (organismi complessi compresi) ha una propria popolazione saprofitica, che costituisce una vera e propria garanzia di salute di per sè… perchè somministrare un antibiotico con effetto “cidico” o “statico” nei confronti di tutti questi microrganismi simbionti, e quindi “alleati” dell’organismo in questione?

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Quello che mi accingo a presentare è la risoluzione di un caso di timpanismo improvviso, verificatosi in un alpaca femmina (Afrodite) di 1 anno di età, di razza Suri.

 CENNI ANATOMO-PATOLOGICI DELL’ALPACA

 L’alpaca, assieme al lama ed alla vigogna, è un camelide sudamericano, pertanto è un ruminante appartenente alla famiglia dei Tilopodi, le cui caratteristiche principali sono l’avere un piede bidattilo (3° e 4° dito) fornito di cuscinetti callosi (da cui il nome “Tilopodi”), il diaframma ossificato, e l’essere dei ruminanti forniti di un unico compartimento gastrico suddiviso in 3 grandi concamerazioni (rumine, reticolo ed abomaso) a funzioni diverse, sovrapponibili ai prestomaci dei ruminanti nostrani (bovini, ovini, caprini, ecc.). 

TIPANISMO ADDOMINALE e MERIDIANO YANG MING (Stomaco-Grosso Intestino) 

 Il timpanismo addominale è un sintomo molto frequente negli erbivori, specie nei  ruminanti, causato da fermentazioni microbiche abnormi ed eccessive a livello gastrico. Si presenta spesso in occasione di cambiamenti di dieta, di pascolo, nonchè in occasione di cambiamenti climatici, i quali sono responsabili della modifica della flora microbica presente nel terreno erboso di cui si nutrono gli animali.

A livello clinico si riscontrano addome gonfio (timpanico per l’appunto), dolente alla palpazione, con defecazione e movimenti ruminali assenti (nei casi lievi possono essere mantenuti), ipo/ipertermia a seconda della famiglia microbica coinvolta e responsabile delle fermentazioni in atto. Nei casi più gravi, a causa della compressione diaframmatica determinata dal gonfiore gastrico restrostante, ci possono essere delle mucose orali congeste, finanche cianotiche, e difficoltà respiratorie. 

Da quanto sopra, si evince che nel timpanismo addominale prevale nettamente il coinvolgimento del meridiano Yang Ming, regolatore delle funzioni del transito gastroenterico, che deve essere riportato in equilibrio.

CASO DI TIMPANISMO ADDOMINALE AFFRONTATO CON L’AGOPUNTURA

Alla visita l’alpaca, da ora in poi Afrodite, era dispnoica, aveva l’addome gonfio (specie sul lato sx era decisamente a “botte”), la temperatura era di 39.9°C, le mucose orali congeste, era disidratata, e riusciva a malapena a mantenere la postura eretta. Infatti a tratti comparivano tremori alla testa ed agli arti, che la facevano barcollare e la costringevano al decubito sternale.

La ruminazione e la defecazione erano totalmente assenti: all’auscultazione dell’addome non si riscontrava nessun’attività ruminale, né tantomeno peristalsi intestinale.

Ho proceduto a stabilizzare la paziente con della fluidoterapia in endovena, associata a terapie omeopatiche e a prodotti “terapie sanum”. Nel giro di 1 ora e mezza Afrodite si era rimessa in piedi, rimostrandosi interessata al fieno: annusava in giro e “giocava” con l’alimento.

Dopo circa poco meno di un litro di fluidi, l’attività ruminale era ripartita e l’appetito ristabilito. Ho lasciato Afrodite in stazione quadrupedale e mangiava!

L’indomani, la trovo rinchiusa (come avevo suggerito, per mantenerne meglio il controllo) con lo sguardo perso nel vuoto. La visito, e ritrovo la ruminazione nettamente rallentata (1 contrazione al minuto, contro le 3 fisiologiche). Decido di dare una “sterzata” al caso e procedo con il mio primo trattamento di agopuntura nell’alpaca…

Dai sintomi è chiara la disfunzione gastro-enterica, e quindi l’interessamento del meridiano Yang Ming (Stomaco-Grosso Intestino), che è in squilibrio. Definire il “vuoto” ed il “pieno”, e quindi quando tonificare (= dare, movimentare, lanciare Energia) e disperdere (= diminuire, togliere Energia), è molto difficile ed insidioso. Del resto non si “tonifica” e “disperde” niente: si ripartisce l’energia diversamente, secondo le necessità della clinica (Mussat). Si può schematizzare dicendo che “tutto ciò che dà un sentimento di eccesso, di esageratamente attivo, di dolore vivo, dirige verso una pienezza di Yang; tutto ciò che dà impressione di arresto, di astenia, di freddo, di cronicità, diffusione sorda ed imprecisa, conduce verso il pieno di Yin” (Mussat).

Alla visita Afrodite mostrava inappetenza e gonfiore addominale sul lato sx, in corrispondenza del sacco ruminale. Essendo un organo cavo, associo il rumine agli organi yang, zone ad alta energia. Vista la sindrome addominale notturna, e considerato che il quadro clinico che mi si presentava era frutto di un non completo riequilibrio del “pieno” di Yang Ming avuto la notte precedente, decido di rimettere in circolo l’energia meridianale con un trattamento moderato, mirante a “disperdere” l’eccesso di energia nel meridiano dello Stomaco-Grosso Intestino. Il trattamento ha previsto un aiuto dell’allevatore nel mantenere la paziente in decubito laterale per i 20′ necessari, e l’infissione di un numero limitato di aghi principalemte in punti situati lungo il meridiano dello Stomaco. A fine seduta dopo aver tolto tutti gli aghi, Afrodite si è prontamente alzata ed aveva l’addome praticamente nella norma: il gonfiore che presentava sul lato sx , si era normalizzato.

Alla visita l’addome risultava palpabile e la ruminazione aveva ripreso il ritmo fisiologico; Afrodite era nuovamente interessata al cibo e all’acqua.

 Una cosa mi è saltata agli occhi: la sete immediatamente dopo il trattamento di agopuntura. E’ un segno che ho letto positivamente ai fini dell’esito del trattamento stesso, in quanto mostrava la necessità da parte dell’animale di aumentare il vettore idroelettrico informazionale disponibile, e quindi di garantire gli effetti duraturi del trattamento ricevuto.

 Nei giorni seguenti ho monitorato telefonicamente lo stato di salute di Afrodite. Sono ripassata in azienda dopo una settimana: tutto era rientrato nella norma, Afrodite era nuovamente nel branco, mangiava allegramente con le sue compagne, e non aveva più ripresentato sintomi di alcun genere.

Da quanto sopra si deduce che l’agopuntura costituisce una valida metodica terapeutica, scarsamente invasiva, e ad impatto ambientale zero; indicata negli allevamenti biologici e sempre efficace, anche per animali con anatomia diversa dalle specie per cui sono riportate le mappe dei punti (cavallo e bovino).



Siccome Chicca è una piccola forza della natura, le sue peripezie non finiscono qui.

Voglio infatti raccontare un evento che le avrebbe dovuto cambiare totalmente la vita ma che invece mi ha fatto ancora stupire delle enormi capacità terapeutiche che l’omeopatia è in grado di serbare.

Durante l’estate 2011, in passeggiata Chicca inalò un “forasacco” (spighe di graminacee) che le si andò a conficcare nel polmone sinistro, precisamente nella parete del bronco principale del lobo craniale. Durante la broncoscopia  ebbe delle reazioni vagali che permisero solo l’estrazione parziale del corpo estraneo in questione, determinando notevoli complicazioni per l’esito e la prognosi del suo caso. La cagna era andata in coma per dei minuti trascorsi in anossia cerebrale ed al risveglio presentava un’improvvisa cecità ed emiplegia di tutto il corpo! In breve i colleghi ristabilirono la situazione neurologica e dopo tre giorni  venne dimessa con l’obbligo del riposo assoluto, e le terapie antibiotiche ed antinfiammatorie richieste dal caso. Dopo un mese di terapia avrebbero dovuto procedere ai Rx di controllo e programmare l’asportazione del lobo polmonare in questione: l’ascesso da parte del corpo estraneo era inevitabile.

Fu iniziata una prolungata terapia antibiotica con riposo assoluto, e venni interpellata per aiutare Chicca nella faticosa ripresa da un trauma così destabilizzante per tutta la sua famiglia.

Alla visita Chiacca mostrava un notevole ritardo propriocettivo degli arti anteriori e posteriori, tendeva a tenere il collo ruotato verso il lato sx, e respirava con difficoltà… stava alla cuccia, abbattuta e si muoveva il minimo indispensabile: non era più lei!

Prescrissi sulla base dei sintomi neurologici dell’Hypericum perforatum 200ch, sostituii la terapia antibiotica con prodotti della terapia sanum, e somministrai dell’Hepar sulphur 200ch per far “bloccare” in una capsula fibrinosa il corpo estraneo.

Dopo 2 settimane Chicca aveva ripreso a correre, ed andava regolarmente al mare con i suoi padroni, ma non aveva il suo solito sprint di sempre: si affaticava facilmente e a volte tossiva.

Aggiunsi alla terapia un altro rimedio e feci visita e radiografia di controllo dopo 1 mese e mezzo di terapia omeopatica. Chicca aveva totalmente ripreso tutta la sensibilità degli arti sia anteriori che posteriori, i test neurologici erano tutti negativi. Aveva ripreso la sua solita vita scalmanata, faticavano a tenerla, riferivano solo un po’ di tosse ogni tanto quando si metteva sdraiata in terra o correva troppo. Procedetti ai Rx del lato sx del torace e, con somma sorpresa mia e dei colleghi presenti, non si evidenziava alcuna lesione riferibile al corpo estraneo, solo un leggero focolaio di infiammazione in cui si evidenziava un processo in via di risoluzione… STRABILIANTE!

I rimedi prescritti hanno potenziato i naturali processi di lisi del corpo estraneo messi in moto dall’organismo, e ad oggi…  Chicca continua a correre integra verso nuove avventure!



Chicca, splendido esemplare di Epagneul Bleu de Picardie,  mi è giunta a 3 anni circa. Nelle radiografie fatte in seguito ad un incidente stradale, nel quale ebbe una frattura al bacino, si scoprì che la cagnetta era praticamente priva di acetaboli: con un quadro anatomico del genere era impossibile che Chicca potesse stare in stazione, figurarsi correre e tanto meno.. classificarsi regolarmente come cane scalatore!

L’ortopedico non ritenne necessario risolvere la frattura chirurgicamente, ma consigliò di intervenire per la displasia non appena Chicca si fosse rimessa.

Venni contattata per aiutare la cagnetta che zoppicava in seguito al trauma subito, e che aveva iniziato a manifestare difficoltà nell’alzarsi dalla cuccia in seguito allo stesso.

Le conseguenze del trauma vennero facilmente risolte, il lavoro un po’ più lungo fu quello finalizzato al riequilibrio della costituzione di Chicca ma in circa tre mesi riprese totalmente il trekking in montagna e risolse anche le difficoltà ad iniziare l’attività “a freddo”.

Per un consulto specializzato con la Dott.ssa Alda Grossi, medico veterinario omeopata, contattatemi attraverso questa pagina.

 



È una patologia purtroppo molto diffusa, dove la terapia più consigliata è l’intervento chirugico… siamo sicuri che sia l’unica via, quella chirugica?…così invasiva…così costosa?

L’esperienza clinica, mia e di molti altri colleghi del settore, ha dimostrato e continua a dimostrare, che la displasia dell’anca si può affrontare brillantemente con l’omeopatia.

Osservando e visitando attentamente il paziente, considerando dettagliatamente tutta la storia del soggetto, il veterinario omeopata è perfettamente in grado di prescrivere il, od i rimedi, necessari al paziente per poter riprendere le sue attività fisiologiche!

La tempistica di risoluzione varia da caso a caso, nel peggiore dei casi sono arrivata a vedere il problema totalmente risolto in capo ad un anno, ma di norma già dopo 2-3 mesi di terapia si vedono i primi seri miglioramenti: l’animale è più sciolto e sicuro nei movimenti, corricchia, è nel complesso più allegro, si sente meglio!

Voglio a tal proposito portare l’esempio di Brunella, un Husky femmina, di 6 anni, operata per displasia dell’anca ad un lato, in attesa di operare anche l’altro lato. Dai racconti della proprietaria si capiva che Brunella non aveva riacquistato più la mobilità che aveva prima dell’intervento, viveva coi dolori che non le permettevano quasi più di camminare né tantomeno di giocare o correre con gli altri 2 cani con cui vive, era stressata e nervosa per tutto il malessere ed il disagio che viveva ormai da anni…”non era più lei”.

La proprietaria me la portò in seguito ad una trasmissione di Canale 5 sull’omeopatia in veterinaria, nella quale il Dr. Dodesini, mio collega ed amico di corso, comunicava l’efficacia dell’omeopatia nel trattamento di vari problemi ortopedici, in particolare la displasia dell’anca… (vi invito a scaricare lo spezzone da youtube, e ad ascoltare qualora siate interessati!).. ma torniamo a Brunella. Dopo averla visitata ed osservata attentamente, valutando effettivamente il dolore che aveva ed il suo grado di mobilità degli arti posteriori, le prescrissi la terapia. La rividi dopo 2 mesi di terapia (mantenendo un contatto telefonico settimanale con la proprietaria) e la situazione era molto migliorata: Brunella si era “addolcita”, alla visita “collaborò”, i dolori si erano molto ridotti e lei aveva iniziato a correre al parco con gli altri cani durante la passeggiata…”si stanca in fretta, ma sta molto meglio” mi raccontava la proprietaria; i risultati erano incoraggianti per cui continuai la terapia a cadenza bisettimanale. Dopo 5 mesi di terapia Brunella era tornata ad essere “quella di una volta”: un po’ altezzosa, giocava con tutti i cani del parco e correva felice, “rugando”come sa fare solo lei!

Ma come può funzionare l’omeopatia su un problema strutturale, anatomico, come quello della displasia dell’anca? Siamo di fronte ad un acetabolo femorale che può arrivare ad essere “piatto” in casi estremi.. come può essere che con l’omeopatia si arriva a risolvere clinicamente un quadro radiologico a volte assurdo?!

La prossima volta vi voglio portare la storia di Chicca, una setterina che praticamente non ha acetaboli (teoricamente non potrebbe né camminare, né stare in stazione) e che ogni anno vince il primo premio come cane scalatore in montagna!

Sulle modalità di azione dell’omeopatia vi rimando ad altra sede poichè qui voglio semplicemente portare a conoscenza del maggior numero di persone possibile, le numerose possibilità terapeutiche di una medicina spesso disconosciuta, in un campo vasto come quello ortopedico!


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