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Ciao Alda,

2 anni fa quando ti incontrai alla fiera a Sermoneta io non sapevo che ci fosse la possibilità di curare omeopaticamente gli animali.

Grazie a te ho imparato a conoscere anche questo ambiente, il che mi ha permesso di curare i miei animali senza doverli traumatizzare. Per gli alpaca era una sofferenza vedere entrare delle persone nel recinto, dato che queste venivano collegate alla somministrazione iniettiva del vermifugo. Da quando invece abbiamo iniziato con l’omeopatia, i nostri animali si sono tranquillizzati, sono molto più docili, anche nei nostri confronti. Abbiamo inoltre riscontrato più vivacità soprattutto nei piccoli, i quali sono più attivi.

Quando ti ho conosciuta gli alpaca non godevano di buona salute, avevano una grandissima quantità di vermi che il vermifugo chimico non riusciva ad estinguere.. A causa di questo problema ci sono deceduti anche degli animali, che non hanno fatto in tempo ad avere le cure omeopatiche.

Prima vaccinavo contro le clostridiosi, ma continuavo ad avere perdite nei cria! Con il tuo arrivo in azienda abbiano smesso, risparmiando molti soldi… Nell’ultimo periodo si sono presentati due casi di clostridiosi: una in forma acuta, e un’altra in forma più leggera, grazie alla tempestività con cui abbiamo agito. Entrambe le situazioni sono state affrontate con flebo e cure omeopatiche, che hanno permesso di osservare in tempo reale il miglioramento della salute dell’animale fino al completo ristabilirsi dell’animale nei giorni successivi.

Attualmente sono 2 anni che curo tutti gli animali della mia azienda omeopaticamente, e godono tutti di ottima salute!

Per quanto riguarda la tua persona, sei stata una dei pochi veterinari che si è interessata a questi animali.. Purtroppo in Italia esistono pochi esemplari e quindi non sono in molti ad avere l’interesse di studiarli e capire i loro bisogni (almeno nella nostra zona). Ci hai aiutato molto sotto questo punto di vista, ci hai insegnato anche ad osservarli con più attenzione, capire quando non stanno bene ed intervenire in modo tempestivo per curarli.

A presto, Ilenia.



La vigilia dello scorso Natale sono stata chiamata dal Sig.S. per un problema all’occhio della sua alpaca: “Dottoressa, gli è entrato un forasacco nell’occhio ed ora esce una pallina, Elvetia ha molto dolore e non riesce a tenere l’occhio aperto.. può venire a dare un’occhiata?”.

Quando sono arrivata, ho trovato il quadro della foto qui a dx: la cornea era tutta opacizzata, le congiuntive decisamente infiammate ed edematose, l’iride era fuoriuscita (pallino nero centrale) per collasso della camera anteriore dell’occhio, e costituiva una vera e propria protuberanza di circa 1 cm di diametro e 0,5cm di spessore, sulla superficie del globo oculare. Purtroppo le mie doti di fotografa non sono delle migliori, ma ad un’attenta visione è possibile notare a destra del “pallino” una formazione rossastra, circondata dalla zona a maggior opacità. L’area rossastra è tale per la neoformazione di vasi sanguigni, indicanti l’inizio del processo cicatriziale.

La terapia omeopatica è stata scelta sulla base dell’eziologia, cioè sulla causa scatenante, in questo caso una spiga d’avena del fieno (un “forasacco”). Questa si è infissa sulla cornea perforaldola, determinando una “lesione da punta” sulla superficie oculare. La terapia, somministrata giornalmente per bocca, non ha contemplato cure antibiotiche (di norma utilizzate per prevenire infezioni secondarie) poichè il quadro clinico non lo richiedeva, ed è stata mirata a favorire la cicatrizzazione per seconda intenzione (a partire dagli strati tissutali più profondi) e a sfiammare quanto possibile per ridurre il disagio da dolore ad Elvetia.

Qui a dx possiamo vedere l’occhio di Elvetia al controllo, dopo 10 giorni di terapia: la congiuntiva è quasi rosea, molto meno edematosa, la cornea si è ritrasparentizzata, ed il “pallino” nero è divenuto rosso: segno che la cicatrizzazione è ancora in atto e che occorre prolungare il tempo di terapia, sostenendo l’organismo nella replicazione e nei processi di specializzazione cellulare, necessari alla ricostituzione dei tessuti specifici dell’occhio.

Infine, qui a sx si vede l’occhio di Elvetia dopo altri 12 giorni di terapia. Praticamente c’è una quasi totale restitutio ad integrum, rimane una piccola area centrale di opacizzazione e vascolarizzazione che verrà risolta con un’ulteriore settimana di terapia.

Considerando che la tempistica media di risoluzione di un’ulcera corneale perforata, trattata con terapie allopatiche, è di almeno 40-50 giorni (se non intervengono infezioni secondarie!), quanto sopra descritto, ottenuto in meno di 30 giorni, con una somministrazione giornaliera di 2 rimedi omeopatici, senza terapia antibiotica, è decisamente un buon risultato!

Ciò dovrebbe far riflettere sul famoso compromesso farmacologico, ben noto a tutte le categorie mediche… nonchè su quanto le terapie chimiche “deprimano” le capacità rigenerative dell’organismo, determinando tempi di risoluzione e cicatrizzazione nettamente più lunghi di quelli che di norma si hanno nei pazienti trattati omeopaticamente. Nella mia esperienza posso affermare che per esempio la tempistica post chirurgica si abbatte di 2/3: oltre ad un maggior generale benessere del paziente operato, la cicatrizzazione e  la conseguente asportazione dei punti si fa a 5 giorni, rispetto ai 12-15 giorni “canonici”.

Riguardo all’utilizzo di molecole antibiotiche, posso dire che sono veramente pochissimi i casi in cui le utilizzo, avvlendomi per lo più di prodotti “terapia sanum”. Nel caso sopra riportato ho evitato l’utilizzo di antibiotici per la semplice ragione di non voler “deprimere” le capacità di ripresa del soggetto. Infatti ogni sistema vivente (organismi complessi compresi) ha una propria popolazione saprofitica, che costituisce una vera e propria garanzia di salute di per sè… perchè somministrare un antibiotico con effetto “cidico” o “statico” nei confronti di tutti questi microrganismi simbionti, e quindi “alleati” dell’organismo in questione?

Per un consulto specializzato con la Dott.ssa Alda Grossi, medico veterinario omeopata, contattatemi attraverso questa pagina.

 



Quello che mi accingo a presentare è la risoluzione di un caso di timpanismo improvviso, verificatosi in un alpaca femmina (Afrodite) di 1 anno di età, di razza Suri.

 CENNI ANATOMO-PATOLOGICI DELL’ALPACA

 L’alpaca, assieme al lama ed alla vigogna, è un camelide sudamericano, pertanto è un ruminante appartenente alla famiglia dei Tilopodi, le cui caratteristiche principali sono l’avere un piede bidattilo (3° e 4° dito) fornito di cuscinetti callosi (da cui il nome “Tilopodi”), il diaframma ossificato, e l’essere dei ruminanti forniti di un unico compartimento gastrico suddiviso in 3 grandi concamerazioni (rumine, reticolo ed abomaso) a funzioni diverse, sovrapponibili ai prestomaci dei ruminanti nostrani (bovini, ovini, caprini, ecc.). 

TIPANISMO ADDOMINALE e MERIDIANO YANG MING (Stomaco-Grosso Intestino) 

 Il timpanismo addominale è un sintomo molto frequente negli erbivori, specie nei  ruminanti, causato da fermentazioni microbiche abnormi ed eccessive a livello gastrico. Si presenta spesso in occasione di cambiamenti di dieta, di pascolo, nonchè in occasione di cambiamenti climatici, i quali sono responsabili della modifica della flora microbica presente nel terreno erboso di cui si nutrono gli animali.

A livello clinico si riscontrano addome gonfio (timpanico per l’appunto), dolente alla palpazione, con defecazione e movimenti ruminali assenti (nei casi lievi possono essere mantenuti), ipo/ipertermia a seconda della famiglia microbica coinvolta e responsabile delle fermentazioni in atto. Nei casi più gravi, a causa della compressione diaframmatica determinata dal gonfiore gastrico restrostante, ci possono essere delle mucose orali congeste, finanche cianotiche, e difficoltà respiratorie. 

Da quanto sopra, si evince che nel timpanismo addominale prevale nettamente il coinvolgimento del meridiano Yang Ming, regolatore delle funzioni del transito gastroenterico, che deve essere riportato in equilibrio.

CASO DI TIMPANISMO ADDOMINALE AFFRONTATO CON L’AGOPUNTURA

Alla visita l’alpaca, da ora in poi Afrodite, era dispnoica, aveva l’addome gonfio (specie sul lato sx era decisamente a “botte”), la temperatura era di 39.9°C, le mucose orali congeste, era disidratata, e riusciva a malapena a mantenere la postura eretta. Infatti a tratti comparivano tremori alla testa ed agli arti, che la facevano barcollare e la costringevano al decubito sternale.

La ruminazione e la defecazione erano totalmente assenti: all’auscultazione dell’addome non si riscontrava nessun’attività ruminale, né tantomeno peristalsi intestinale.

Ho proceduto a stabilizzare la paziente con della fluidoterapia in endovena, associata a terapie omeopatiche e a prodotti “terapie sanum”. Nel giro di 1 ora e mezza Afrodite si era rimessa in piedi, rimostrandosi interessata al fieno: annusava in giro e “giocava” con l’alimento.

Dopo circa poco meno di un litro di fluidi, l’attività ruminale era ripartita e l’appetito ristabilito. Ho lasciato Afrodite in stazione quadrupedale e mangiava!

L’indomani, la trovo rinchiusa (come avevo suggerito, per mantenerne meglio il controllo) con lo sguardo perso nel vuoto. La visito, e ritrovo la ruminazione nettamente rallentata (1 contrazione al minuto, contro le 3 fisiologiche). Decido di dare una “sterzata” al caso e procedo con il mio primo trattamento di agopuntura nell’alpaca…

Dai sintomi è chiara la disfunzione gastro-enterica, e quindi l’interessamento del meridiano Yang Ming (Stomaco-Grosso Intestino), che è in squilibrio. Definire il “vuoto” ed il “pieno”, e quindi quando tonificare (= dare, movimentare, lanciare Energia) e disperdere (= diminuire, togliere Energia), è molto difficile ed insidioso. Del resto non si “tonifica” e “disperde” niente: si ripartisce l’energia diversamente, secondo le necessità della clinica (Mussat). Si può schematizzare dicendo che “tutto ciò che dà un sentimento di eccesso, di esageratamente attivo, di dolore vivo, dirige verso una pienezza di Yang; tutto ciò che dà impressione di arresto, di astenia, di freddo, di cronicità, diffusione sorda ed imprecisa, conduce verso il pieno di Yin” (Mussat).

Alla visita Afrodite mostrava inappetenza e gonfiore addominale sul lato sx, in corrispondenza del sacco ruminale. Essendo un organo cavo, associo il rumine agli organi yang, zone ad alta energia. Vista la sindrome addominale notturna, e considerato che il quadro clinico che mi si presentava era frutto di un non completo riequilibrio del “pieno” di Yang Ming avuto la notte precedente, decido di rimettere in circolo l’energia meridianale con un trattamento moderato, mirante a “disperdere” l’eccesso di energia nel meridiano dello Stomaco-Grosso Intestino. Il trattamento ha previsto un aiuto dell’allevatore nel mantenere la paziente in decubito laterale per i 20′ necessari, e l’infissione di un numero limitato di aghi principalemte in punti situati lungo il meridiano dello Stomaco. A fine seduta dopo aver tolto tutti gli aghi, Afrodite si è prontamente alzata ed aveva l’addome praticamente nella norma: il gonfiore che presentava sul lato sx , si era normalizzato.

Alla visita l’addome risultava palpabile e la ruminazione aveva ripreso il ritmo fisiologico; Afrodite era nuovamente interessata al cibo e all’acqua.

 Una cosa mi è saltata agli occhi: la sete immediatamente dopo il trattamento di agopuntura. E’ un segno che ho letto positivamente ai fini dell’esito del trattamento stesso, in quanto mostrava la necessità da parte dell’animale di aumentare il vettore idroelettrico informazionale disponibile, e quindi di garantire gli effetti duraturi del trattamento ricevuto.

 Nei giorni seguenti ho monitorato telefonicamente lo stato di salute di Afrodite. Sono ripassata in azienda dopo una settimana: tutto era rientrato nella norma, Afrodite era nuovamente nel branco, mangiava allegramente con le sue compagne, e non aveva più ripresentato sintomi di alcun genere.

Da quanto sopra si deduce che l’agopuntura costituisce una valida metodica terapeutica, scarsamente invasiva, e ad impatto ambientale zero; indicata negli allevamenti biologici e sempre efficace, anche per animali con anatomia diversa dalle specie per cui sono riportate le mappe dei punti (cavallo e bovino).


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